mercoledì 2 giugno 2010

Discorso per il conferimento della cittadinanza onoraria


Edoardo Sanguineti


Devo confessare che sono molto emozionato e forse non mi sono mai nella mia vita sentito così indegno di un riconoscimento, perché mi rendo conto che avrei potuto, forse, certamente dovuto spendere nello studio di Gramsci maggiori energie. Diventare cittadino di Ales è per me un punto d’arrivo che mi onora profondamente. La prima volta che ho ricevuto una cittadinanza onoraria fu a Sesto San Giovanni, che allora era una roccaforte operaia, una specie di Stalingrado d’Italia, come si diceva a quei tempi. Questo dice quanto è mutato rapidamente il mondo, ma credo che sia una ragione di più per riportare l'attenzione a Gramsci in un momento in cui ci sono due fenomeni molto curiosi a cui voglio accennare.
Il primo è che Gramsci è molto più considerato fuori d’Italia che in Italia, e dunque qualunque iniziativa, particolarmente poi se parte dalla sua città natale, che possa riportare su di lui l'attenzione in un momento come questo, non può che contribuire a fare in modo che la portata del suo pensiero e delle sue riflessioni esca dall'ambiente esclusivo degli studiosi e riporti al centro quello che è stato il suo insegnamento morale, politico e civile.
La seconda cosa che è impressionante, lo si diceva recentemente a proposito delle elezioni in Francia, dove Sarkozy ha dichiarato di aver imparato molto da Gramsci, è che all’estero – in particolare in Francia e negli Stati Uniti - c'è una specie di “revisionismo” da parte di forze politiche conservatrici o addirittura reazionarie, che propongono una lettura di Gramsci diversa rispetto a quelle che erano le sue intenzioni. Fa parte di una vecchia strategia culturale conservatrice l’appropriarsi e orientare quasi rovesciandole le cose. Penso ad un'espressione come “Ordine Nuovo”, nata per significare una lotta di contrasto che muove da sinistra e che la destra riassorbe. Questo perché la destra ha compreso la grande importanza della conquista egemonica e della persuasione attraverso una politica che apparentemente non è politica, che incide nella vita quotidiana, nel costume, in un modo particolare di vedere le realtà del mondo (e di cui oggi è espressione un certo uso della televisione). Gramsci se ne era occupato per l'influenza che il teatro esercitava nella cultura generale e anche popolare. Oggi il tema si ripropone con forza dato che gli strumenti di comunicazione di massa stanno moltiplicandone le possibilità, perché in un momento di crisi, in qualche modo, nel rapporto con il mondo politico e con le sfere politiche, la strategia di conquista del consenso si sviluppa attraverso strade diverse che toccano la vita privata, il costume generale nei rapporti tra gli uomini e si trasferisce su terreni che una volta erano tenuti distinti. Ora tanto più importante diventa anche il restauro delle posizioni gramsciane in richiamo al problema di una conquista egemonica, in vista di quello che egli definiva sempre una riforma intellettuale, morale, civile e che può essere essenziale al nostro sviluppo democratico in un momento molto difficile per l'Italia, per l'Europa, per il mondo.

Edoardo Sanguineti
Ales, 27 aprile 2007

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